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I proverbi della regione Campania
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Nun saccio chi è cchiu scemo, se a volpe o chi a currèa.
Non so se è più stupida la volpe o chi la rincorre. Le raffigurazioni: la volpe rappresenta l'utopia, chi la rincorre raffigura persona sempliciotta. Il senso: A volte affrontare situazioni troppo oltre le nostre possibilità, ci rende agli occhi degli altri dei perfetti imbecilli.
Campania
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Chi nun è bbuono p''o rre, nun è bbuono manco p''a riggina.
Era un proverbio canzonatorio. Se non si è pronti ad affrontare le battaglie militari, non si possono affrontare neanche le battaglie del talamo. Infatti in passato, chi veniva scartato alle visite mediche per l'arruolamento alla leva militare, presupponeva scarse attitudini anche ai rapporti eterosessuali
Campania
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Meglio rummore e catene, ca rummore e campane.
Meglio sentire il rumore(il clac) delle manette, che il din don delle campane a morto. Questo detto serve per rincuorare i parenti ed amici di novelli carcerati
Campania
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A ciucciuvettola è nu malaùrio nò quann se sent, ma addò tramend
La civetta(purtroppo presa come emblema della sfiga) porta male non quando se ne sente il canto, ma dove butta gli occhi. E questo vale anche per quelle persone che ci guardano palesemente "storto".
Campania
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Cap' e tromb'.
Testa di tromba(Testardo, cocciuto).
Campania
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Alla sciuè sciuè.
Compiere un azione con poca attenzione.
Campania
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Chiappate i pali.
Hai preso i pali(Sbagliare).
Campania
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‘o pirchio è comm’ ô puorco
è bbuono sulo doppo muorto!
Icastico antico proverbio partenopeo che ad litteram è: l’avaro è come il maiale, è buono solo dopo la morte.
Infatti come il maiale risulta utile (è questo il senso del buono riferito in epigrafe all’avaro) solo quando da morto entra con le sue saporitissime carni, opportunamente lavorate, nell’alimentazione dell’uomo, cosí l’avaro riuscirà finalmente ad essere utile ad un sia pure limitatissimo prossimo, solo dopo la morte quando le tante sostanze avaramente accumulate dal defunto avaro potranno beneficare uno o piú eredi.
pirchio = avaro, gretto, tirchio, taccagno non di tranquilla lettura l’etimo di pirchio; alcuni vogliono sia corruzione della voce italiana tirchio; però gli stessi reputano tirchio un incrocio tra la voce dialettale napoletana pirchio ed il part. pass. tirato nel senso di molto economo; ci troveremmo davanti ad un gatto che si morde la coda; per cui penso che per l’etimo di pirchio, tenendo presente la parallela voce siciliana píllicu e lo spagnolo pelon donde peloneria= avarizia , si debba pensare ad un sia pure tenue collegamento al latino pilus= pelo per cui pirchio sarebbe un spelato, povero che non potrebbe permettersi il lusso di spender le sue magre sostanze;
comme come, alla stessa maniera di, derivato del lat.quomo abbreviazione di quomodo 'in qual modo' con tipico raddoppiamento popolare della m (vedi alibi: ommo<homo,nomme<nomen etc.) e semplificazione del dittongo mobile uo>o così come capita nella lingua italiana: buono>bontà, suono>sonata etc.;altre volte invece tale dittongo si semplifica in u (muorto>murticiello, buono>bunariello etc.);rammenterò la particolarità della lingua napoletana che relativamente all’avverbio a margine e ad altri avverbi e preposizioni improprie quali ‘ncoppa (sopra), sotto, ‘mmiezo (in mezzo) richiede sempre l’aggiunta della preposizione semplice a (che comporta la geminazione della consonante iniziale della parola successiva) o delle sue composte â(alla), ô (al/allo) ê (a gli, alle) per cui si avrà in italiano come te ed in napoletano comme a tte (notasi, come detto la geminazione della consonante t), sopra te o sopra di te ed in napoletano ‘ncoppa a tte, ancòra: in italiano sotto il tavolo ed in napoletano sott’ô tavulo etc.
ô preposiz. articolata = al/allo da a + ‘o = a + il/lo;
puorco= porco, maiale, carne di maiale: salsicce di porco
(figuratamente) persona che fa o dice cose oscene, persona sporca, laida, sozza; l’etimo è dal lat. porcu(m ) con tipica dittongazione o>uo nella sillaba d’avvio;
bbuono aggettivo = buono, mite, mansueto, bonario, che o chi è incline al bene qualità tutte che, secondo l’etimologia latina bonu(m) dovrebbero connotare il buono, ma qui ed altrove l’aggettivo a margine vale utile;
sulo di per sé aggettivo = solo, senza la partecipazione, l'intervento di altri; con esclusione di altri; ma qui à valore avverbiale ed è perciò solamente; l’etimo è dal latino solu(m);
doppo avverbio =dopo, poi, in seguito, più tardi l’etimo è dal latino de+post (con il de>do e geminazione popolare della consonante d’avvio p)dove la preposizione de denota relazione di posterità e vale dunque appresso ;
muorto sost. ed aggettivo = morto di per sé part. pass. poi sostantivato ed aggettivato dell’infinito murí derivato del lat. volg. morire per il class. mori.
Raffaele Bracale - Napoli
Campania
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‘a verità è comme a ll’uoglio
assomma sempe!
Ad litteram: La verità è come l’olio: viene sempre a galla! Affermazione popolare quasi assiomatica,tesa a ricordare che, nella vita,è inutile tentar di nasconderla, giacché per quanto si cerchi di celarla con bugie, falsità, bubbole, balle, sotterfugi, favole, fandonie, frottole, panzane, fole,volontarie o involontarie, la verità affiora sempre, appalesandosi quasi che avesse il medesimo leggero peso specifico dell’olio che versato in un bicchiere d’acqua rimane in superficie e non precipita mai.
verità= verità, ciò che è conforme al vero (dal nom. lat. veritas piuttosto che dall’acc. veritate(m) dal quale invece scaturisce l’italiano verità che in origine fu appunto latinamente veritate, il tutto deriv. di vìrus 'vero';
comme= come, alla stessa maniera di, derivato del lat.quomo abbreviazione di quomodo 'in qual modo' con tipico raddoppiamento popolare della m (vedi alibi: ommo<homo,nomme<nomen etc.) e semplificazione del dittongo mobile uo>o così come capita nella lingua italiana: buono>bontà, suono>sonata etc.;altre volte invece tale dittongo si semplifica in u (muorto>murticiello, buono>bunariello etc.);rammenterò la particolarità della lingua napoletana che relativamente all’avverbio a margine e ad altri avverbi e preposizioni improprie quali ‘ncoppa (sopra), sotto, ‘mmiezo (in mezzo) richiede sempre l’aggiunta della preposizione semplice a (che comporta la geminazione della consonante iniziale della parola successiva) o delle sue composte â(alla), ô (allo) ê (a gli, alle) per cui si avrà in italiano come te ed in napoletano comme a tte (notasi, come detto la geminazione della consonante t), sopra te o sopra di te ed in napoletano ‘ncoppa a tte, ancòra: in italiano sotto il tavolo ed in napoletano sott’ô tavulo etc.
‘uoglio= olio; in napoletano il sostantivo a margine è neutro (si tratta di un alimento! cfr. Damme chest’uoglio= dammi quest’olio. fosse stato masch. avremmo avuto Damme chist’uoglio); etimo dal lat.tardo *oliu(m) per il classico oleu(m) che è dal gr. élaion con tipica dittongazione popolare d’avvio o>uo e consueto passaggio di l a gl come figlio<filium, piglià<piliare etc. ;
assomma = viene a galla, affiora voce verbale (3° pers. sing. ind. pres.)dell’infinito assummà=montare in sommità da una sincope *adsummare di un lat. tardo *ad+ summitare, deriv. di summus 'supremo'; rammenterò che anche l’italiano à un verbo assommare ma con il significato di mettere insieme; adunare (spec. fig.): assomma in sé vizi e virtù v. intr. [aus. essere] ammontare,... ma anche compiere, portare a termine; ma l’etimo del verbo italiano è diverso essendo esso un derivato di sommare da somma= addizione.
sempe avv. = sempre senza interruzione, senza fine (indica una continuità ininterrotta nel tempo) che è dal lat. semper con la particolarità che per la voce a margine invece del raddoppiamento della consonante r etimologica e della paragoge finale di una e semimuta, che avrebbero prodotto un *semperre come altrove tramme da tram, bisse da bis etc., questa volta si è preferito far cadere completamente la consonante r che non à lasciato traccia.
Raffaele Bracale - Napoli
Campania
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Essere trivulo ‘e casa e festa ‘e chiazza!
Ad litteram: Essere tribolo di casa e festa di piazza.
Id est: Essere musone e scontento in casa e mostrarsi festoso ed allegro fuori delle mura domestiche.
Antica locuzione partenopea un tempo indirizzata dalle mamme verso i proprî figli maschi che facevano le viste d’esser sempre immusoniti ed insoddisfatti in casa dove esternavano (per il solo gusto di farsi commiserare) fastidio e malumore, indici di un temperamento triste, scontento, dolente, mesto, malinconico, avvilito, ombroso, accigliato, scontroso, scostante, mentre in piazza (fuori dei confini domestici, con ovvio riferimento, non solo ai luoghi, ma anche e segnatamente alle persone) tale temperamento mostrava d’essere al contrario gioviale, lieto, allegro, sereno, gaio, gioioso, giulivo, brioso,proprio cioè di un soggetto ilare, festante, affabile, estroverso, cordiale, espansivo, comunicativo.Di tali individui mai si riusciva a venire a capo se il loro vero temperamento fosse quello esternato in casa o quello esposto in piazza…
trivulo = fastidio, lamento, mestizia fino a gemito, pianto etimologicamente dall’ acc. lat. tribulu(m) (forgiato sul gr. tríbolos 'spino') originariamente arnese da pesca in ferro con tre punte poi passato ad indicare con senso cristiano: afflizione, patimento et similia; da notare nella voce napoletana la tipica alternanza v/b;
casa = casa, abitazione, ma estensivamente famiglia, ambiente familiare; etimologicamente dal lat. casa(m), propr. 'abitazione rustica/plebea' opposta a domus propr. 'abitazione del dominus';
festa = festività ,dimostrazione di gioia, di allegria; l’etimo è dal lat. festa, neutro pl. di festum 'festa, solennità';
chiazza = piazza , ma qui estensivamente persone estranee alla famiglia incontrate casualmente per istrada, in giro, all’aperto. la voce napoletana chiazza (come alibi ò ricordato) à un etimo che è dal lat. platea con i normali sviluppi di pl>chj (cfr. ad es.: chino <plenum, cchiù<plus, chiaja<plaga, chiummo<plumbeum etc.) e te/ti + voc.> tj(intervocalici)>zz ( cfr. mullezza<mollitia).
Campania
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